domenica 7 giugno 2015

Le colpe di Google nei confronti di Bruxelles

tratto da: http://www.formiche.net/2015/06/07/il-mea-culpa-google-nei-confronti-bruxelles/

Anche Big G alla fine ha fatto “mea culpa”. L’amministratore delegato europeo di Google, in una intervista rilasciata al giornale americano Politico, riconosce che la società di Mountain Viewha gestito male la sua attività in Europa e ha ammesso pubblicamente, per la prima volta dopo le accuse dell’antitrust presentate contro la società nel mese di aprile, le sue mancanze nei confronti della Commissione europea.
IL MEA CULPA DI “BIG G”
Matt Brittin, presidente del settore Business e Operation di Google EMEA, ha spiegato che, se il gigante dei motori continua a rigettare le accuse mosse dall’Ue, rimane in ogni caso aperto ad un accordo. «Vogliamo essere pragmatici e continuare a investire nella creazione di ottimi prodotti per tutti», ha dichiarato.
Brittin ha ammesso che Google ha sbagliato l’approccio con le autorità europee, constatando che non c’erano le persone adatte ad intavolare le giuste trattative nel momento di adeguamento al mercato europeo e di maggior crescita dell’azienda. «Non sempre riusciamo a fare tutto per bene», ha detto il responsabile delle attività europee di Google.
ATTEGGIAMENTI E TENDENZE DEL MERCATO EUROPEO
«Abbiamo capito che la gente qui ha atteggiamenti e interessi differenti rispetto agli americani», continua Brittin che spiega come la soluzione per recuperare terreno nel Vecchio Continente possa essere «spiegare meglio come Google di fatto avvantaggi l’Europa sul fronte dell’economia, della cultura e delle piccole imprese». Adesso ci sia aspetta che il numero uno diGoogle EMEA si rechi a Bruxelles almeno una volta al mese, anche se lui stesso si è rifiutato di specificare che percentuale del suo tempo spenda in public affairs.
GOOGLE CONTINUA A RIGETTARE LE ACCUSE DI BRUXELLES
Nonostante il mea culpa e l’apertura al dialogo nei confronti della autorità europee, Googlecontinua a rifiutare le accuse sollevate dalla Commissione europea, che un paio di mesi fa ha aperto due fronti legali con il colosso americano del web, inviando una lettera di accuse formali sull’abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca online, e avviando un’indagine sulla possibile violazione delle regole antitrust Ue da parte del sistema operativo di Google per smartphones, Android.
Nel documento preliminare, presentato dalla responsabile dell’antitrust europea Margrethe Vestager, la Commissione accusa Big G di aver messo in evidenza, almeno dal 2008, il servizio di “Google Shopping” nelle sue pagine dei risultati a prescindere dal merito specifico di una ricerca; di non applicare al suo sistema per lo shopping la logica delle penalizzazioni che normalmente applica sulla base di determinati parametri agli altri servizi analoghi. Non solo. La condotta di Google per Bruxelles avrebbe un impatto negativo sugli utenti, che non visualizzerebbero i risultati più rilevanti per lo shopping rispetto a ciò che hanno cercato, e sull’innovazione poiché la concorrenza – che sa già di non poter competere alla pari con Google– è disincentivata a investire.
L’EVOLUZIONE DEL SETTORE
«Non ci sono prove che i consumatori siano stati lesi e tantomeno i denuncianti», ha spiegato aPolitico Brittin, che è stato anche pronto a sottolineare come molti di coloro che gli hanno puntato il dito contro «sono società statunitensi o realtà protette da società statunitensi». Il presidente del settore Business e Operation di Google EMEA ha poi dipinto un quadro dell’evoluzione del settore, soprattutto grazie all’esplosione della applicazioni. «Durante questi cinque anni il mondo cambiato. Tutti abbiamo Internet in tasca», ha dichiarato Brittin. «Siamo nel pieno di un grande cambiamento nel modo in cui accediamo alle informazioni e credo che non ci sia mai stato un momento più competitivo di questo in termini di scelta per i consumatori».
Riguardo l’accusa di abuso di posizione dominante, Brittin commenta: «Abbiamo un sacco di altre applicazioni sulla privacy disponibili sullo store GooglePlay e se la gente non si adegua alle regole, abbiamo bisogno di apportare delle modifiche». «Ci sono persone che si lamentano delle politiche sul nostro App Store», conclude.

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